Leonardo Clerici
[12] II poeta Georg Lewin (HerwarthWalden) diede espressione totale all’anima antica e tragica della città di Berlino. Walden, a cavallo tra un rabbinismo ideologico riformatore e il senso fervente e faustiano (lei chassidismo illuminista del Buber, radicalizzando la tradizione degli “Spiels” germanici, con Lothar Schreyer, fece pervenire la visione pittorica (inscindibile dalla poetica faustiana) al fenomeno PaulKlee. L’emigrazione diWalden in Unione Sovietica, sotto Stalin, concluse un itinerario di “fede romantica” che trovò molti altri esempi dei tutto trascurati dalla storiografia del secondo dopoguerra. I rapporti traWalden eMarinetti sono tutti da interpretare alla luce del libro di Walden, Einblick in Kunm: EXPRESMONI. SMUS, Firruaismus, KUBISMUS,Verlag der Sturm,Berlino 1924.Riproponendomi di tornare sull’argomento
in altra sede, vorrei mostrare soltanto due aspetti in un tentativo di “istituzionalizzazione dell’aristocrazia artistica” compiuto sulla base del futurismo italiano di Marinetti con l’accelerazione tipicamente russa del cubo-futurismo suprematista di Malevich, e sulla base dell’elaborazione “politica perché di mercato” compiuta da Walden tramite i grandi collezionisti tedeschi: l’istituzionalizzazione dell’artista che concepisce il puro prototipo e che può adattarlo al nuovo Habitat sarà l’anima del Bauhaus specialmente attraverso il più giovane degli adepti, Moholy-Nagy. Questo esperimento istituzionale fu appoggiato e difeso a tutti i livelli politici daMarinetti che resistette alla reazione nazional-socialista.
Nel catalogo dell’esposizione di Palazzo Grassi ho ritenuto utile far riprodurre la fotografia di Walden con dedica a Marinetti: “Al carissimo amico F. T. Marinetti e ai combattimenti futuristi con grande simpatia, Berlin 17 avrò 1912”. Nel 1925 Majakovskij e Marinetti, a Parigi, si scambiarono il seguente messaggio poetico: “A MON CHER MAJAKOVSKY ET / LA GRANDE RUSSIE ENERGIQUE / ET OPTIMISTE TOUTS /MES SOUHAITS / FUTURISTES. AU GRAND / ESPRITNOVATEUR/QUIANIMELARUSSIE/QU’ILNES’ARRETE/ PASNOTREAME / FUTURISTE ITALIENNE NE / S’ARRETERA / PAS”. L’interpretazione e quindi la “lettura” di queste proposizioni (magnitudine del senso) va relazionata ad una unicità di movimento “AU GRAND... QU’ILNE S’ARRETE... PAS” che fu l’eroismo di una generazione e dei suoi tattici vessilliferi.
Tramite Marinetti, Walden venne in contatto con una figura austera e singolare, ancora obliata dalla storiografia risorgimentale italiana. L’azione di Marinetti in Italia e all’estero, la prima guerra mondiale vissuta da non combattente per motivi di età, il legame con la tradizione piemontese liberale, contribuirono alla formazione intellettuale di Alberto Cappa, fratello della sposa di Marinetti, Benedetta Cappa. Collaboratore alla “Rivoluzione Liberale” di Gobetti, allievo di Pareto in Svizzera, cercò e intravide la sintesi di una superiore civiltà liberale attraverso il rinnovamento d’élite suscitato dal futurismo di Marinetti. Oppositore del governo Mussolini e del regime fascista dovette subire più volte il confino e fu rilasciato su intervento di Marinetti presso Mussolini. Tenne alcune conferenze all’estero e fu in contatto con la fronda liberale di Sforza e Ferrero. Scrisse una biografia di Cavour edita nel 1932 e gli fu censurata da Ojetti un’opera precedente, restata inedita, Cavour, le più belle pagine. Amico e ammiratore di Hermann Keyserling (La rivoluzione mondiale e la responsabilità dello spirito) condivise la tragica crisi europea avvicinandosi, a partire dal 1943, al volontariato militare come unica forma “aristocratica dell’emigrazione”. Osservò e combatté responsabile militare, i fronti di Etiopia, Grecia- Albania e Russia. Raccolse nel libro La guerra totale le esperienze sui fronti di guerra che pubblicò nel 1940; riflessione fondata sulle relazioni morali e strategiche dei fronte franco-tedesco della prima guerra mondiale. Ferito sul Don, durante la ritirata dell’ARMIR, venne imprigionato su un carro bestiame con altri feriti e morì assiderato, nel 1936, a quarant’anni, a Tambov. Il 2 marzo 1936 Alberto Cappa redige il testamento politico “da aprirsi dal sen. Albertini, o dal sen. Croce o dal sen. Sforza o da suo figlio Sforzino”: “Nel momento di partire per una guerra che cercai in ogni modo di evitare al mio Paese... fermo disperatamente — dico disperatamente per me stesso — ai principi di libertà, sommo bene, suprema dignità umana, ho trovato che il mio dovere, più alto, era di vivere tutto il dolore del mio paese per questa crisi assurda, dividendo le pene e i pericoli dei soldati che, come me, non hanno voluto questa guerra... Chi più sente e più comprende, più largamente deve vivere tutto il dolore dei suoi connazionali. Per questo, solo per questo, ho domandato di andare con i miei alpini... e vinti saremo anche domani, e per sempre per le idee che sosteniamo, se non fossimo che antifascisti ed antimussoliniani. Perché l’odio non crea... Il socialismo e il nazionalismo sono i due mali del tempo: peste e lebbra che infestano le nostre generazioni... Le conseguenze morali d’essersi l’Italia posta fuori del diritto internazionale, strappando quattro trattati, saranno incalcolabili e peseranno per sempre sull’azione europea del nostro paese. Ci vorrà un’infinita generosità per superare l’odio...”.
Nel 1916 l’editore Gobetti annunciava con una cartolina un lavoro di Alberto Cappa sulla pittrice e scultrice Rougena Zatkova, con prefazione di Marinetti. L’opera restò inedita per la morte dell’editore e testimonia l’attenzione di Cappa per un’artista profondamente legata e protetta dalla famiglia Marinetti, tuttora pressoché sconosciuta e che attende nei prossimi anni il suo posto tra gli artisti maggiori del nostro secolo. Scrive Cappa in alcuni appunti: “I suoi più forti lavori pittorici, ‘Vita di vetri, lotte di supremazia tra oggetti, Dinamismo di scimmie, Ritratto-vita di F. T. Marinetti’ furono da lei fatti a Pegli dal 1920 al 1923. Fu il più completo periodo della sua vita di donna e di artista: viveva in Liguria in una casa isolata in campagna sul mare, col marito... Finito il grande quadro ‘Fame in Russia’ ne pensava uno completo sul nostro tempo, ispiratogli dal ‘Riso rosso’ di Andreieff: ‘Sai che la terra è impazzita. Non ci sono più fiori, più canzoni su di lei. È divenuta rotonda e rossa come la testa di un uomo cui hanno strappato la pelle...’ ”.