Arti liberali e diritto dell’individuo in F. T.Marinetti
- Posted on 31 May, 2022
- Fondazione Giovanni Agnelli
- By Leonard Clerici
Leggendo i libelli legati insieme nel 1915 troviamo ancora una narrazione significativa ed esemplare. Marinetti reagisce, in una serata futurista, in pubblico, ad un grido “Abbasso la Patria!”. Egli lancia il grido “Viva la Guerra, sola igiene del mondo. Abbasso l’Austria”. Marinetti ripete stentoreo il grido. Converte l’opinione del grido pericoloso investendolo con un altro grido che non raccoglie l’intenzione antipatriottica che in fondo non lo scandalizza. Coglie invece la debolezza simbolica e fuori tempo del suo non-interlocutore. Prende le difese di un pubblico leso nella maestà temporale che in Italia, ai suoi occhi, sarà l’obbedien-
za alla Vittoria della minoranza interventista. Farà i conti più tardi, dopo la vittoria sulla guerra, con una parte di interventisti pronti a scegliere, vergognandosi di avere troppo concesso allo spirito unificante e futurista dell’interventismo, la passata concezione reazionaria e di stato d’ordine, in preda al fantasma rivoluzionario leninista e alla paura della massa elettorale strumentalizzata dal socialismo che speculando sulle inevitabili sofferenze della guerra, veniva a sua volta irretito e immobilizzato dal monarchico Nitti. Marinetti esortava a unire forze nuove e repubblicane per una rivoluzione italiana alleata al progresso industriale e finanziario cosmopolita.[11]
Nell’elogio di un nazionalista interventista, affondatore della corazzata austriaca “Viribus Unitis”, Marinetti, in un discorso inedito, lo esortò a mantenere intatto il suo eroismo denigrando i nazionalisti reazionari in preda al loro “torcicollo passatista” che “per magnificare l’Italia dimenticano Vittorio Veneto ma non dimenticano mai tutti gli imperatori Romani”. “Credetemi — dice Marinetti — tutta la storia di Roma non contiene un Paolucci la cui tenacia eroica nel preparare la divina esplosione nella notte supera tutti gli eroismi del passato”. Marinetti, dopo la “Vittoria” della prima guerra mondiale e l’uscita dai fasci di combattimento, riprese il suo autorevole carattere di minoranza [12]
L’effreneisme, tensione etica e mistica dell’azione, controllo e mimesi didattica dello strumento tecnico (modalità della rappresentazione concreta del tempo moderno), furono i motivi esteriori del futurismo come alternativa e dissenso alla riforma dell’ordinamento scolastico di Gentile. Marinetti concepiva lo studio come principio di esecuzione. L’attitudine di marginalizzazione autorevole delle avanguardie la troviamo peraltro nell’amico e combattente Herwarth Walden, anima della rivista “Der Sturm”[13]
In Germania, in Moholy-Nagy, teorico dell’Ausdruck[14] del Bauhaus in Germania, negli ultimi anni difficili in USA, sperimentalista di una scuola di design, pittore della visione atomica, esplosione avvenuta qualche giorno prima la sua morte, nel 1946. Attitudine dell’espressionismo austriaco di Musil, soffocato per tutta la vita dal goethismo della famiglia Mann, intento alla descrizione del fenomeno dell’esplosione di uno schrapnel sospeso e rallentato[15] fino alla struttura di un unico romanzo husserliano d’erleben puro. Attitudine testimoniata nel nostro dopoguerra dal teatro povero del Laboratorio di Grotowski, insultato in pubblico a Milano, perché romantico e “ignorante”[16]di Walter Benjamin; Grotowski, erede civile e generoso (molti sono i giovani della mia generazione che grazie alla sua presenza hanno acquisito un equilibrio concreto, non intellettuale, intelligente) del teatro psichico[17] sognato da Artaud, ispirato dal nobile e povero gesto di Jarry.