Arti liberali e diritto dell’individuo in F. T.Marinetti
- Posted on 31 May, 2022
- Fondazione Giovanni Agnelli
- By Leonard Clerici
cattolicesimo liberale, paolino e fenomenologico, del cardinal John Henri Newman, Grammar of Assent, del 1870,[04] in cui si afferma: Sebbene sia impossibile superare il linguaggio, bisogna usarlo solo nell’indispensabile. L’unica cosa importante è quella di stimolare coloro che ascoltano ad un certo modo di pensare idee simili alle nostre, cosa che li condurrà per loro moto proprio piuttosto che per necessità sillogica. Risulterà quindi che qualsiasi scuola intellettuale avrà qualche cosa di esoterico... infatti essa è una minoranza di cervelli pensanti il cui legame consiste nell’unità di pensiero e le cui parole divengono una specie di TESSERA che non esprime il pensiero ma lo simbolizza.
Nella tristesse du pressentiment, senso della tragedia, iI cardinal Newman è accostato al grande teologo infante Pascal che dice “J’ai passé longtemps de ma vie, en croyant qu’il y avait une justice; et en cela je ne me trompais pas, car il y en a selon que Dieu nous l’a voulu révéler. Il y a sans doute des lois naturelles; mais cette belle raison corrompue a tout corrompu. Veri juris. Nous n’en avons plus”. La condizione di esteriorizzazione dell’uomo moderno accusata da Bergson consiste nell’antica questione teologica rielaborata dal cardinal Newman, sul senso del corpo. Corpo come radice della volontà e quindi corpo nella costituzione generale e grammatica delle leggi dello stato. Sorel cita inoltre de Maistre che, come lui, aborre dal considerare l’“homme” preesistente alla costituzione, ritenendo la costituzione strumento da.
“modellarsi alle abitudini e consuetudini geografiche al fine di adattare le leggi al suo stesso corpo. Sorel individua nei “Bills of rights” della costituzione americana una formulazione fatale di “corpo” cui solo dieci anni più tardi cercherà di rispondere (in lotta) Kant con la Metafisica dei costumi e La critica della ragion pratica. Ma il corpo europeo non fu reintegrato. Tali elementi furono essenziali e parimenti congeniali a tutta la generazione simbolista. Orientati alla soluzione del problema politico del “jour” osservarono il problema politico senza astrazioni intelletuali e alienanti. Alfred Jarry, compilatore di Almanachs, rende indifferibile questa ansia di jour. Il “Geste”, grammatica in virtù di un sentimento nato da una ragione ai limiti dell’argomentabile esaurimento, si attiva nella cronaca della marionetta liceale Ubu. Essa fonde il presentimento paradossale del César - Antechrist che nel Commentario per servire alla costruzione pratica della macchina per esplorare il tempo afferma lapidariamente:[05] “La durée est la transformation d’une succession en une réversion”.
Il jour trovava solo nelle arti liberali il terreno politico di reversione e possibile durata. Il teatro trovava una nuova cupola nel paradosso del gesto preparato in una sofferenza razionale, tornava a colpire il centro comune della memoria mentre la fantasia riprendeva dominio rigoroso purificante e potente sugli eventi: libera fantasia capace di rifondare l’inerzia di un corpo mufle e demagogico, lungamente patito. Il futurismo di Marinetti osserverà la successione per durare nella reversione ed abitarla in oblio (distacco irrevocabile dalla tradizione o come Apollinaire disse Anti-Tradition).
Mallarmé ad Avignone, al tempo delle stesure dell’IGITUR,[06] vivrà la sua ammirazione per Zola scrivendo: “J’ai une grande admiration pour Zola. Il a fait moins, à vrai dire, de véritable littérature que de I’art évocatoire, en se servant, le moins qu’il est possible des éléments littéraires... les choses existent, nous n’avons pas à les créer; nous n’avons qu’à en saisir les rapports et ce soni les fils de ces rapports qui forment le vers et les orchestres”. L’esercizio delle arti liberali (grammatica, geometria, musica) sono il “phénomène futur” di una ricostruzione non letteraria del corps. Jean Royère scrive nel 1929, in margine all’IGITUR di Mallarmé (che mi ripropongo di esaminare in altra sede): “En outre Zola est méridional, Mallarmé aimait Aubanel, Mistral et le genie méridional... le naturalisme épique de Zola correspond dans une cenaine mesure au Céremonial de Mallarmé: l’un et l’autre divinisent l’Oeuvre.et sacrent la Foule... Poe, Zola, Hugo, Mallarmé sont des cybeliens...”. Paul Valéry, non meno cybelien e meridionale del suo venerato maestro Mallarmé, scrive nel 1935 parlando di Hugo:[07] “Mallarmé me disait un soir assez plaisemment que s’il existe un mystère au monde on le ferait tenir dans un premier Paris du ‘Figaro’ ”.