Arti liberali e diritto dell’individuo in F. T.Marinetti

Si deve valutare attentamente, senza schematismi ideologici, l’ordine razionale e liberale dei semblables simbolisti. Essi combattevano l’orrore del mufle demagogico e cieco del numero e il socialismo strumentalizzatore, effetti di un corpo costituzionale—la Balance—malato. Essi ten-

dono ad elaborare un’aristocrazia autorevole e illuminata, capace di sorvegliare il domani — come scriveva Marinetti — non il postdomani. Essi prevengono le ribellioni o ancor peggio le degenerazioni rivoluzionarie e devastanti, divinando la forma della volontà del tempo, tempo del “jour” che è futuro e regola essenzialmente scritturale, religiosa, la Balance. I simbolisti riattivarono non a caso i titoli delle riviste “Republique des Lettres”, “Mercure de France”, nell’intento di riaprire allo spirito cartesiano e letterato del Bayle, al cattolicesimo liberale e rifugiato della “dragonne”, capace di satira e gesto illuminato in un’ansia di equilibrio, di intesa tra spiriti eclairés e civili, scienziati sperimentatori e religiosi poeti, filosofi, riformatori, perché capaci di provocare un’opinione, espressione della volontà del tempo ed armonia di civile equilibrio. Questa tensione essenzialmente teologica, sarà l’atteggiamento veramente “politico” di quella nuova coscienza che nel XIX secolo, vedrà gli artisti come infanti depositari di quel nucleo di fuoco e di dolore che sono le “arti liberali”, sempre più tendenti ad una unificazione teorica, sempre più unico rifugio per un’ascesi religiosa, autentica élite formatrice, a guardia e salvaguardia dell’ignoranza sociale. Tutti conoscono la ricerca teologica di Gauguin e Van Gogh, il paradiso dell’i/e e la ricerca disperata di rifugio nella civiltà tramite la creazione di eremi ontici di artisti, protetti e riconosciuti perciò, nella loro sacra e suprema guardia del cuore forgiato nell’austera vita di studio. Il futurismo di Marinetti proviene da questa tradizione ed afferma con altra e adeguata magnitudine lo scandaloso diritto ad una libertà di opinione che rigeneri un corpo malato, incapace di sapere l’esistenza del buon senso della volontà che modella la vita.

Oggi bisogna pur cominciare a leggere quel che Marinetti ha stampato più come costituzione di una volontà che evocazione della stessa. L’articolo I del Manifeste du futurisme inizia: “Nous voulons chanter l’amour du danger, l’habitude de l’energie et de la témérité”. Marinetti indica “l’amour du danger” nello stato di oblio di qualsiasi annuncio, l’abisso dell’arduo pericolo che solo purifica. Il canto loda e consiste nella nuova posizione dello scriptorium, posizione d’intellezione della realtà e di servizio umile alla sua temporalità, nuovo calam dell’esistenza. L’abitudine all’energia e alla sua temporalità, sarà il costume naturale. Il danger è la causa unificante o principio di ragione nel tempo dell’individuo che vuole studiare, ossia formarsi alle arti liberali che solo così consistono: luogo della materia scibile e quindi spazio letterario inaudito, ove risiede l’unica condizione essenziale più che esistenziale. In essa vi è praesentia del futuro, fato, adesione, non ipotesi prospettica e tantomeno futuribile. Il fato è tragico in Marinetti, proprio per questo.

egli lo può drammatizzare e sintetizzare. Il compito di interpretare il fato sarà dunque quello di misurare tutte le nostre facoltà nella concrezione tecnica del tempo, di ricostituire un corpo che negli erlebnisse astrae, oblia ed aderisce virtualmente alla concrezione ora tecnologica della temporalità; dunque la domina solo dopo averla mimata religiosamente. Questo sentimento tragico ed elegante delinea una esplicita condizione teologica di caduta che l’epoca detta e Marinetti instilla.

Articolo 9: “Nous voulons glorifier la guerre, seule hygiène du monde, le militarisme, le patriottisme, le geste destructeur des anarchistes, le belles Idées qui tuent et le mépris de la femme”. Il registro decadente e dannunziano delle belle idee era già esaurito allora, Marinetti converte il concetto di “belles idées” al verbo tuer, al significato del sacrificio per l’opinione, non dell’assassinio. La glorificazione della guerra loda la condizione del presentimento, non instilla odio ma coraggio. Marinetti nel 1915 pubblica una sequela di articoli e manifesti in forma di libro, in realtà è un libello composto di tanti libelli intorno all’essenza vissuta (1909-15) dell’articolo 9 del Manifesto: Guerra sola igiene del mondo (scopo propaganda). Marinetti ricorda subito il carattere sibillino del Manifesto e che la “Formula” gli fu imposta quando gli strumenti consueti non bastavano più. Il libellum, come si sa, non è scrittura bensì forma tattica di una strategia scritturale e teologica non esponibile perché sacra, meditativa o filosofica; il libellum difende o lede la Maestà, ma non contiene il codice di diritto di questa Maestà. La moltiplicazione delle copie verificata dalla tecnica tipografica alla fine del XV secolo, fu l’oggetto acuto di riflessione del simbolismo di Mallarmé, Rodenbach, Jarry, Kahn. L’incapacità dei simbolisti di pervenire di nuovo, perfettamente, alla sacralità della scrittura, farà sì che il libello, tipograficamente rifuso dal verso libero, riacquisterà il fine di difesa di una Maestà (corona di una res pubblica “futurista”); il libello lega alla penitenza e tocca il male accusandolo. Nella tradizione tollerante di Erasmo, Serveto, Pascal, Bayle e Rousseau la lotta strenua fu quella di testimoniare l’errore confessandolo per mezzo del libellum (satira, versi in rima, trattati, dialoghi, pseudonimi). Il libellum è, d’altra parte, efficace in una tradizione di esseri ascetici, religiosi in questo culto supremo e continuo, consapevoli di una loro gradualità la quale sussiste finché viene esercitata in una reale superiorità dell’intelletto, prudente stoicismo, ancor più umile se brutale e rumoroso. Il libellum (manifesto) è infatti l’unica arma di Marinetti e in quella forma (non genere letterario) deve essere letto. Questo tratto è stato imitato in modo intellettuale dalle avanguardie successive sebbene a mio giudizio solo in Russia e in Germania (suprematismo ed espressionismo) sia stato colto e realizzato